Il mercante di amici
Zuckerberg prende alla lettera Exupery, il rischio è che l'appetito venga mangiando e dall'amicizia si passi allo sfruttamento, con un effetto collaterale: la perdita dello spirito critico.
ps. se è troppo lungo per te, salta al capitolo 9.
"Gli uomini non hanno piu' tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose gia' fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno piu' amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!" "Che cosa bisogna fare?" domando' il piccolo principe. "Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe.
Il piccolo principe - capitolo XXI
1. «Gli americani hanno bisogno di amici»: la scommessa di Mark Zuckerberg
Ne avevo già parlato. In un’intervista concessa a inizio maggio 2025 al podcaster Dwarkesh Patel, Mark Zuckerberg ha dichiarato che l’americano medio oggi ha «meno di tre amici», mentre ne desidererebbe «circa quindici». La soluzione che Meta intende proporre, ha spiegato il fondatore di Facebook, è popolare la nostra rubrica di contatti con chatbot “amichevoli”: compagni virtuali disponibili 24 ore su 24, capaci di ascoltare, consolare, consigliare e – ovviamente – trattenere gli utenti sulle piattaforme del gruppo(Business Insider, Axios).
2. Un amico a 4,90€/mese ?
Offrire un’IA come “amica” significa però radicare ancora di più le persone in un bozzolo digitale. Ogni conversazione avviene in una stanza privata, tarata sui desideri dell’utente e sugli interessi economici del proprietario dell’algoritmo. Il rischio è una echo chamber perfetta (la stanza dell’eco è la condizione di iperselezione dei contenuti che leggiamo, cosi da leggere/sentire esclusivamente quello che ci piace, che ci da ragione, non necessariamente la verità o la realtà): confortevole, su misura, quasi impossibile da lasciare, perché non prevede la fatica del confronto umano e perché l’azienda controlla sia la stanza sia la conversazione. In questo scenario, la stessa tecnologia che promette di colmare la solitudine finisce per normalizzarla e monetizzarla, non prima di averci reso dipendenti. Impossibile?
3. LLM, maestri di persuasione
Non si tratta di timori astratti. Più studi segnalano la straordinaria capacità persuasiva dei modelli linguistici di nuova generazione. Una ricerca pubblicata su PNAS ha mostrato che testi politici generati da LLM e adattati sul profilo del lettore risultano convincere quanto (o più di) messaggi scritti da umani esperti(PNAS). Un team dell’EPFL ha verificato che, in un dibattito con GPT-4 che disponeva di dati personali dell’interlocutore, i partecipanti cambiavano idea più facilmente di fronte alla macchina che a un umano(techxplore.com). In altre parole: se l’amica è un algoritmo, è anche un’eccezionale venditrice – o propagandista – nascosta sotto forma di confidente.
4. Arendt e la solitudine come anticamera del totalitarismo
Hannah Arendt, tra le voci più lucide del pensiero politico del Novecento, individuava nella solitudine di massa una delle condizioni essenziali per l’ascesa dei regimi totalitari. In Le origini del totalitarismo, scriveva che la solitudine non è solo assenza di compagnia, ma esperienza di non appartenenza al mondo, una frattura nel legame con gli altri che priva l’individuo del “buon senso” che nasce dal confronto. Quando questo confronto viene meno, le persone diventano atomi isolati, più esposti al conformismo e alla voce unica del potere.
Oggi, questa solitudine assume forme nuove e più insidiose. La diffusione capillare di social network, smartphone e intelligenze artificiali “amichevoli” ha trasformato radicalmente la nostra relazione con gli altri. Se i nostri rapporti sono sempre più mediati da interfacce progettate per compiacerci, per adattarsi ai nostri gusti, per evitarci conflitti, non incontriamo più davvero l’altro, ma un riflesso filtrato e rassicurante di noi stessi. Si perde così la fatica – ma anche la ricchezza – del dissenso, della negoziazione, della costruzione condivisa del senso. Diventiamo tutti piu incazzati. La relazione si trasforma in consumo, e il confronto pubblico – spazio essenziale della politica – si ritira dietro uno schermo.
In questo contesto, diventiamo cittadini molto più influenzabili e controllabili. Più siamo isolati e avvolti in esperienze digitali su misura, più siamo fragili, prevedibili, manipolabili. Basta trovare.una comunicazione coerente che faccia convergere la nostra incazzatura verso un obiettivo semplice da comunicare, ma non necessariamente vero. Le piattaforme che ci “connettono” modellano ciò che vediamo, ciò che pensiamo, ciò che desideriamo, trasformandosi in dispositivi di orientamento sociale e politico senza che ne siamo pienamente consapevoli. È una forma di controllo morbido, che non ha bisogno della forza: bastano la solitudine, l’iper-personalizzazione, e un’intelligenza artificiale capace di adattarsi perfettamente alle nostre vulnerabilità.
Forse è anche in questa dinamica che si può leggere, almeno in parte, lo scivolamento delle democrazie occidentali negli ultimi quindici anni: un processo che molti osservano con stupore, dove le destre (o talvolta le sinistre) autoritarie irrompono prepotentemente nei parlamenti mentre prima erano relegate a percentuali a singola cifra, ma che correla in modo inquietante con l’introduzione massiccia dei social network e degli smartphone nelle nostre vite. Quando la relazione si ritira, la pluralità si assottiglia, e la politica si riduce a una timeline personalizzata, la libertà non scompare all’improvviso: si dissolve lentamente, senza fare rumore.
5. Dall’arrivo dei social al Covid-19: la curva ascendente dell’isolamento
È proprio la storia recente dei social a confermare il quadro di Arendt. Secondo i dati ricostruiti da The Atlantic (2025), gli americani passano il 20 % di tempo in meno con altre persone rispetto al 2003, con punte del –35 % tra i giovani sotto i 25 anni. Le cene con amici sono calate di oltre un terzo, mentre la pandemia ha accelerato la fuga dal “fuori” persino dopo la fine delle restrizioni(The Atlantic). I social network, nati per “connettere il mondo”, hanno finito per trasformare rituali collettivi – cinema, ristoranti, persino la chiacchiera al banco – in gesti solitari consumati davanti a uno schermo.
Il problema ulteriore evidenziato: non imparare a socializzare bene nei primi 18 anni apre la strada a un’età adulta segnata da fragilità emotiva, isolamento volontario e relazioni impoverite.
6. IA relazionali e minori: un pericolo permanente
L’offerta di chatbot-compagni accessibili ai minori desta preoccupazione tra pediatri e autorità di vigilanza. Un report di Common Sense Media – sostenuto da ricercatori di Stanford – avverte che tali sistemi possono amplificare dipendenza, autolesionismo e ritiro sociale, chiedendone il divieto sotto i 18 anni(CalMatters). Allo stesso modo, esperti britannici di salute mentale segnalano che gli adolescenti, ancora in formazione emotiva, rischiano danni a lungo termine se il loro principale specchio empatico è un software progettato per massimizzare l’engagement, non per educare alla relazione(The Guardian).
7. Dal controllo dei dati al controllo delle coscienze
Quando la solitudine si sposa con un compagno artificiale che conosce tutto di noi, il passo verso una forma soft di totalitarismo si accorcia. L’azienda che gestisce l’IA possiede le conversazioni, prevede le nostre debolezze, indirizza acquisti e opinioni, può filtrare o amplificare informazioni politiche su misura. È un potere invisibile, ma vastissimo: controllo di massa senza bisogno di polizia, perché siamo noi a bussare alla porta dell’algoritmo.
Non sto esagerando: Un report di Surfshark indica che Meta AI ha già raccolto dati su circa 500 milioni di persone, risultando l’assistente IA più invasivo del mercato. (Punto Informatico)
Il chatbot immagazzina 32 delle 35 categorie di informazioni monitorate dallo studio, superando di gran lunga tutti i concorrenti.
Tra i dati raccolti figurano elementi altamente sensibili – salute, finanze, orientamento sessuale e opinioni politiche – che Meta può condividere con terzi per la pubblicità mirata. Cambridge Analytica scansati.
Gli analisti concludono che nessun sistema è davvero “privacy-friendly”, ma Meta AI rappresenta oggi l’esempio più estremo di profilazione commerciale.
8. Come reagire
Il ciclo si può arrestare, ma richiede azioni convergenti dove la prima è la consapevolezza. Se sei arrivato a leggere fino a qui, vuol dire che questo passo lo stai facendo. Se senti che può essere utile, condividilo anche con gli altri.
Ognuno può promuovere:
Regolamentare le IA relazionali: trasparenza sugli algoritmi, divieto di profilazione emotiva a scopi pubblicitari, limiti d’età chiari. In questo senso le istituzioni europee si stanno muovendo bene già ora.
Restituire spazi fisici e collettivi: investire in scuole, biblioteche, centri civici dove le persone possano incontrarsi dal vivo.
Educazione alla complessità digitale: corsi di alfabetizzazione emotiva e mediatica fin dalla scuola primaria.
Solo rafforzando i legami umani reali – e limitando la capacità delle tecnologie di sfruttare la nostra vulnerabilità – si può evitare che la promessa di un’amicizia artificiale diventi la porta di ingresso a nuove forme di dominio.
9. I Patti Digitali: negoziare e pretendere regole comuni
In Italia sta prendendo forma un antidoto collettivo alla solitudine mediatica degli adolescenti: i Patti Digitali – accordi di comunità fra famiglie, scuole medie e amministrazioni locali che fissano insieme “quando, come e con quali dispositivi” i ragazzi (11-14 anni) incontrano schermi e social. Ogni patto nasce dal basso attraverso assemblee, laboratori e workshop e traduce l’intesa in impegni pratici: smartphone off nei primi anni di secondaria di I grado, percorsi di educazione digitale condivisa, tutor psicopedagogici, eventi offline che rinsaldano il tessuto sociale. A primavera 2025 la rete conta 110 Patti formalizzati in 14 regioni e punta a coinvolgere 10 000 genitori entro fine anno (pattidigitali.it, Agenda Digitale).
Ma il vero passo decisivo è la mobilitazione dal basso: scarica il kit su pattidigitali.it, porta la proposta al prossimo consiglio di classe, raccogli adesioni tra docenti, genitori e Comune. Pretendere un Patto nella propria scuola significa “addomesticare” insieme la tecnologia: trasformarla da venditore di attenzione in strumento che rafforza i legami umani, esattamente dove la libertà – ci ricorda Arendt – può ancora nascere, tra le persone e non dentro uno schermo.
In un’epoca in cui la solitudine è ormai un “fatto sociale totale”, scegliere di coltivare relazioni autentiche – imperfette, ma reciproche – è anche un atto politico. Perché, come ricordava Arendt, la libertà nasce sempre “tra” gli uomini, mai dentro uno schermo.



